Una serie di tappe storiche, con un approccio tecnico ma anche sociale, che segnano la storia della radio, un mezzo di comunicazione che non finirà mai di stupirci per funzionalità sempre nuove e diverse che acquisisce col tempo e unendosi ad altri media.
La storia della radio inizia nel 1864, quando il fisico inglese James Clerk Maxwell ipotizza che l’elettricità si propaghi nello spazio alla velocità della luce sotto forma di onde elettromagnetiche.
Maxwell nel trattato sull’elettricità e il magnetismo, dimostra matematicamente l’esistenza delle onde elettromagnetiche.
Il termine radio risale al chimico William Crookes, che nel 1874, inventò il radiometro, uno strumento capace di misurare la radiazione della luce. A partire da quest’oggetto si svilupparono gli odierni metodi di misurazione (ad. es. le radiazioni Röntgen).
Tra il 1886 e il 1887 la storia della radio fece un altro passo avanti: infatti, il fisico tedesco Heinrich Rudolph Hertz, al fine di portare a termine una serie di esperimenti sulle onde elettromagnetiche, realizzò un oscillatore di onde elettromagnetiche (onde hertziane). In pratica un prototipo di ricetrasmittente. Le sue ricerche si basavano sui teoremi dello scozzese James Clerk Maxwell, che nel 1831, descrisse il principio di induzione elettromagnetica (Treatise of Electricity and Magnetism). Ignorando i risvolti pratici, Hertz scoprì le onde radio. Ancora più importante fu la dimostrazione che le onde radio presentano le stesse caratteristiche di quelle luminose. Heinrich Rudolph Hertz e il collega italiano Augusto Righi confermarono sperimentalmente la teoria di Maxwell: la scintilla che si genera tra i terminali di un oscillatore si ripete a distanza, senza bisogno di fili o di un altro collegamento materiale, su uno spinterometro. Queste ricerche provarono l’esistenza di onde capaci di viaggiare alla velocità della luce senza alcun supporto. L’uomo iniziò a pensare così di riprodurle.
Nel 1881 il théatrophone a Parigi trasmise dall’Opéra alle sale dell’Expo Universelle (Mostra internazionale dell’elettricità a Parigi), per percepire il suono gli ascoltatori dovevano munirsi di auricolari (piccoli diffusori sonori da applicare all’orecchio). Vi furono esperienze analoghe a Londra, dove gli utenti del telefono potevano ricevere informazioni su vari eventi culturali. L’esempio più prossimo ai parametri dei mass media contemporanei fu l’Hirmondò, in Ungheria.
Nel 1893, Tivadar Puskás fece sviluppare il telefono Hirmondò. Con questo dispositivo di tipo circolare, furono connessi tra loro diversi luoghi all’interno di circuiti cablati.
Il telefono Hirmondò anticipò le premesse della comunicazione radiofonica pubblica, applicando i tre pilastri della programmazione che sono informazione, educazione e svago. Come concetto, la radio venne, dunque, inventata con il telefono ungherese.
Tecnicamente, però, dobbiamo ancora attendere il 1916, per l’avvio all’era della radiofonia e per veder avanzare ancora la storia della radio.
Nel 1890, Temistocle Calzecchi Onesti in Italia, Èdouard Branly in Francia e Olivier Joseph Lodge in Inghilterra, misero a punto e perfezionarono uno strumento: il coesore (detto anche coherer). Era un sensibile rivelatore di onde elettromagnetiche, composto da piccole bottigliette di porcellana (o di vetro) riempite con schegge di metallo. Sotto l’influsso di raggi elettromagnetici, le particelle metalliche si trasformavano in un nastro conduttore.
Nel 1894 Oliver Lodge, fisico e occultista di Liverpool, utilizzò le bottigliette di Branly. Realizzò, così, quello che sarà considerato l’esperimento fondamentale della radiofonia. In una conferenza in memoria di Hertz, lo scienziato inglese presentò la scoperta ai colleghi. Essa consisteva nel posizionare l’apparecchio di Herz come emittente di onde elettromagnetiche e, a qualche centinaia di metri, quello di Branly come ricevitore dei segnali. L’esperimento riuscì, l’emittente produsse scintille che trovarono riscontro nelle bottigliette di Branly, chiudendo il circuito elettrico. Questo evento è considerato come l’atto di nascita della tecnica radiofonica.
Alexandr Stepanovich Popov, fisico russo, studiando gli esperimenti condotti da Hertz, si convinse della possibilità di realizzare un sistema di comunicazione senza fili e realizzò una serie di esperimenti con il coesore di Branly. nel 1897, dopo tentativi che funzionarono su una distanza di sessanta metri, riuscì a far coprire tra mezzi navali una distanza di cinque chilometri. Nel 1901 Il fisico russo brevettò un sistema per l’ascolto in cuffia di segnali radiotelegrafici. La storia della radio era giunto a un punto di non ritorno…
Guglielmo Marconi compì esperimenti sulle onde elettromagnetiche con l’intento di utilizzarle come mezzo per inviare segnali senza l’ausilio dei fili del telegrafo. Nonostante il suo impegno e gli indubbi risultati da lui ottenuti, nella storia della radio Nikola Tesla dovrebbe essere ricordato come colui che rese di Marconi l’uomo di successo che conosciamo oggi…
Dopo i primi tentativi di trasmissione a 2 km di distanza, perfezionò le apparecchiature, introducendo un’antenna che divenne poi l’elemento fondamentale del sistema Marconi.
Nel 1900 Marconi brevettò (grazie però agli accessori fondamentali e alle idee “rubate” a Tesla) l’inserimento di circuiti sintonici nell’apparato radio sia ricevente sia trasmittente, in modo da evitare le interferenze nella ricezione.
Il fisico italiano si trasferì in Inghilterra per provare i suoi esperimenti sulla lunga distanza e per sfruttare commercialmente e meglio la sua invenzione. Presentò così la sua idea al tecnico inglese William Peerce, responsabile della rete telegrafica inglese. Proponendogli il noto test di trasmissione di segnali morse tra le due sponde dell’Atlantico, quella inglese e quella canadese, nel dicembre del 1901 realizzò il primo vero telegrafo senza fili. Questo è un punto saliente della storia della radio.
Lo scienziato canadese Reginald Aubrey Fessenden realizzò un primo circuito microfonico eccitato da uno spinterometro. Tale apparecchiatura si poneva l’obiettivo ambizioso di irradiare nello spazio non tanto i segnali telegrafici senza fili, come quello di Marconi, quanto i suoni, ovvero musica e voce umana.
Nel 1902 il fisico Ettore Majorana inventa un microfono idraulico. Nello stesso tempo Fessenden mette a punto un rilevatore elettrolitico, sottile filamento immerso per una estremità in una soluzione di acido nitrico, abbastanza sensibile da raccogliere le oscillazioni elettriche della voce umana filtrata attraverso il microfono telefonico. Questo fu un passo molto importante nella storia della radiofonia: ora si poteva pensare di realizzare un apparecchio ricevente in grado di rivelare e riprodurre i suoni.
Nel 1905 ottanta unità della Marina inglese, dislocate a Gibilterra, sono messe in condizione di poter essere costantemente in contatto radiotelegrafico con l’ammiragliato.
Nel 1906, nello stato del Massachusetts, il fisico statunitense Reginald Aubrey Fessenden riuscì, per la prima volta, a trasmettere la voce umana. L’emissione venne captata a centinaia di chilometri di distanza.
Alla base di questo risultato ci furono le scoperte dell’ingegnere statunitense Lee De Forest che realizzò l’audion, noto anche come triodo a griglia, cioè il raddrizzatore. Con questo strumento rivelatore venivano amplificate e generate oscillazioni ad alta frequenza. L’audion è considerato oggi il progenitore della valvola termoionica.
L’idea realizzata invece da Fesseden e dall’italiano Francesco Magni fu l’eterodina. Il dispositivo era posto nell’apparato ricevente rendendolo in grado di rivelare, cioè udibile in cuffia, l’onda elettromagnetica non modulata trasmessa col telegrafo.
Lo scienziato statunitense H.C.Dunwoody scoprì che i cristalli di silicio, galena e carborundo possono rilevare le onde radio e renderle percepibili attraverso una cuffia d’ascolto. Così, gli apparecchi radioriceventi con rivelatore a galena (radio a galena) si diffusero negli anni ’20 del XX secolo. La loro vita durò fino alla affermazione di rivelatori dotati di valvola termoionica.
Nel 1907 Marconi istituisce un servizio radiotelegrafico tra Londra e New York.
Nel 1910, sulla nave Montrose in servizio sulla rotta Londra-Quebec, viaggiò un uxoricida, Hawley Harvey Crippen. Il comandante della nave radiotelegrafò a Scotland Yard facendo arrivare un ispettore in Canada, poco prima dello sbarco del Montrose. Con l’arresto del criminale, la radio si prestò per la prima volta al servizio della giustizia e contro il crimine.
Nel 1912, quando affondò il transatlantico Titanic, un terzo dei passeggeri si salvò grazie ai segnali di soccorso lanciati con gli apparecchi radiotelegrafici Marconi. La radio si prestò dunque al servizio del pronto soccorso.
Nel 1916, durante la battaglia navale dello Jutland tra Marina tedesca e inglese, le manovre delle flotte furono dirette via radiotelegrafica. La radio si prestò così, per la prima volta, anche al servizio della guerra e delle uccisioni di massa.
Sempre nel 1916 il giovane telegrafista americano David Sarnoff propose, con la Radio Music Box, un’ applicazione di massa della nuova tecnologia. L’idea venne sottoposta alla ditta nella quale lavorava, la American Marconi Company, che, anni dopo, la realizzò. Questo ulteriore passo rese possibile il broadcasting e creò le premesse per una radiofonia intesa come strumento di comunicazione di massa.
Nel 1917 Marconi sperimentò le trasmissioni ad altissima frequenza. Si tratta di onde radio assai più corte di quelle, medie e lunghe finora sperimentate nelle normali trasmissioni. Saranno utilizzate appieno, non solo sperimentalmente, a partire dal 1936 con la televisione. Siamo arrivati alla consacrazione di un medium e al punto più alto della storia della radio come la conosciamo oggi…
Nel 1920, la società Westinghouse installò la prima stazione emittente di notizie, musica e altri servizi: KDKA di Pittsburg in Pennsylvania, negli Stati Uniti era ufficialmente ON AIR.
Nel 1922, in Inghilterra un consorzio di società, tra cui la Marconi, fondò la BBC. Contemporaneamente, negli Stati Uniti prende il via un diverso sistema di organizzazione delle emittenti radio finanziato dalla pubblicità.
Nel 1924, il fisico E.V. Appleton spiegò come fanno le onde radio a seguire la curvatura del pianeta. La ionosfera che circonda tutta la terra a un’altezza di 60 chilometri, fa da specchio riflettente: le onde così rimbalzando a più riprese tra ionosfera e superficie terrestre, possono arrivare in qualsiasi punto, anche a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. La densità della ionosfera è influenzata dalla luce solare, perciò la ricezione dei segnali è migliore di notte.
Nel 1927 nasce l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) sulle ceneri della URI (Unione radiofonica Italiana) che era nata tre anni prima
Nel 1930 Amstrong mise a punto la supereterodina: il dispositivo consiste nel far interferire il segnale radio in arrivo con frequenza diversa e generata nell’apparecchio ricevente. Il principio era dar luogo a un segnale di media frequenza, che è ancora adottato a livello radiofonico e televisivo in tutto il mondo.
Nel 1935, sempre Amstrong realizzò il sistema di modulazione di frequenza, in grado di ridurre i disturbi di ricezione dovuti alle interferenze dei motori elettrici funzionanti in vicinanza dell’apparecchio ricevente o in caso di temporale.
Nel 1944, la EIAR si trasformò in RAI (Radio Audizioni Italia).
Nel 1988, secondo rivelazioni Audiradio, gli italiani che ascoltano ogni giorno la radio sono circa 25 milioni.
Oggi la storia della radio procede ancora e il mezzo resiste alla televisione. Svolge funzioni diverse ma sicuramente ancora molto valide e apprezzate. Inoltre, la trasmissione di segnali audio è stata compresa nel nuovo medium della rete globale Internet. Sempre per offrire intrattenimento e informazione, ma aggiungendo la funzionalità di interazione (on demand).
Nel 2007, l’ETSI (Istituto europeo per gli standard nelle telecomunicazioni) ha introdotto lo standard DAB+ in sostituzione del DAB. Il primo tipo di trasmissione in codifica digitale, il DAB, prevedeva un bit rate di 128 kbit/s con un codec audio MP2. Per garantire la maggiore qualità del segnale trasmesso, lo standard DAB+ adotta l’algoritmo di compressione HE-AAC (High Efficiency Advanced Audio Codec, o AAC+). Quindi esso prevede una trasmissione più robusta ai disturbi, adottando un codice di correzione Reed-Solomon.
In particolare, a parità di qualità e potenza del segnale, il DAB+ consente di raddoppiare o triplicare il numero dei programmi trasmessi in un singolo multiplex (bouquet), consentendo eventualmente l’inserimento di altri servizi radiofonici.
Nel 2016 il 70% della popolazione italiana era raggiunto da un segnale outdoor (al di fuori degli edifici) DAB+, con una copertura concentrata nel nord Italia e nelle grandi città. Nel 2017 la copertura nazionale era già del 90%. I tre consorzi nazionali che trasmettono in DAB+, di cui Rai con due multiplex (bouquet di canali), raggiungono una copertura di: 43% Rai DAB (Rai Way), 65% DAB Italia, 65% EuroDAB Italia.
La storia della radio non è finita e forse non finirà mai!