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Storia della radio

L’uccellino della radio

Il vero nome di quello che i più conoscono come l’uccellino della radio è: segnale di intervallo. Si poteva ascoltare negli intervalli durante le pause o fra una trasmissione generata in un certo luogo e una generata in un altro. Una sequenza di quattro suoni simili a cinguettii utilizzati in onde medie e corte dall’EIAR e poi dalla RAI, in particolare quando cambiava la stazione generatrice del segnale (circostanza detta di inversione).

L'uccellino della radio Uri-Eiar e Rai al Museo della Radio di Firenze
L’uccellino della radio esposto al
Museo della Radio in RAI Firenze

Il più antico uccellino della radio era un congegno meccanico ideato e costruito per segnalare ai tecnici della radiofonia il momento preciso nel quale si dovevano effettuare le manovre di inversione, ossia di collegamento a una sorgente di trasmissione radiofonica diversa da quella precedente.

La cassetta che conteneva il meccanismo capace di imitare grossomodo il cinguettio di un uccellino veniva di solito sistemata sullo stesso tavolo dove sedeva l’Annunciatore il quale, dopo aver comunicato agli ascoltatori la fine della trasmissione generata da quella Sede, azionava il meccanismo; il cinguettio veniva captato dallo stesso microfono e inviato sulle onde radio e sui collegamenti verso le altre sedi di impianti per la produzione e la diffusione di programmi radio.

A quei tempi le manovre per il cambio della Sede generatrice del programma, cioè le inversioni, erano abbastanza complesse e dovevano essere fatte a mano nei diversi impianti radiofonici distribuiti nelle principali città italiane. Per garantire il buon esito delle operazioni il Tecnico che terminava la trasmissione, dopo l’invio del primo cinguettio, sconnetteva rapidamente i collegamenti uscenti e rimaneva in attesa di sentire i ‘cinguettii’ in arrivo dalla Sede che doveva generare la prossima trasmissione; i segnali inviati prima di iniziare il programma dovevano essere almeno due. Tutti gli altri Tecnici interessati alla manovra dovevano scollegarsi tempestivamente dopo il primo uccellino da chi terminava e collegarsi alla nuova stazione generatrice dopo aver ricevuto almeno un segnale in arrivo dalla stessa. Effettuare in modo non corretto anche una sola fra le tante commutazioni necessarie per una ‘inversione’ poteva provocare poderosi boati o fischi (inneschi) e spiacevoli conseguenze per chi aveva sbagliato (multe).

(ndr) I cinguettii erano generati da un congegno totalmente meccanico azionato a molla ed avente le dimensioni di circa 15 x 15 x 10 centimetri. Oggigiorno questo apparecchio, entrato a far parte della storia della radio in Italia, è esposto presso la sede Rai di Firenze. L’uccellino della radio è stato trasmesso con regolarità nelle pause di programmazione in onde corte fino allo spegnimento delle trasmissioni Rai in questa banda di frequenze. Oggigiorno sopravvive nella regolare emissione radiofonica solamente una delle quattro sequenze originali di cinguettii, trasmessa dalla rete di Radio 1 nelle pause precedenti l’emissione dei Giornali Radio Regionali trasmessi dalle varie sedi Rai. I quattro suoni consecutivi così come venivano trasmessi in passato sono ascoltabili su alcuni siti di appassionati oppure sul sito Rai Teche.

Il segnale di intervallo si evolve

Dopo molti anni di onorato servizio e qualche cilecca dei congegni meccanici venne fuori la proposta di inciderne il suono su disco, in modo da garantire meglio il gorgheggio al momento giusto. Fu allora che il Maestro Belforte, consulente musicale a Radio Torino, offrì la sua collaborazione: “giacché lo volete incidere, il cinguettio lo fischio io, cosi eviteremo anche di continuare a udire il rumore delle rotelle del congegno”.
Il Maestro Belforte esegui con l’ocarina diversi motivi, a imitazione del canto degli usignoli, che vennero incisi in tempo realesu disco. Da quel momento in poi l’incombenza di far cantare l’usignolo negli intervalli fra le trasmissioni passò dagli Annunciatori ai Tecnici. Con l’arrivo della registrazione magnetica la stessa esecuzione venne poi riversata su nastri a ciclo chiuso e montati su magnetofoni centralizzati telecomandati direttamente dai tecnici nelle regie.
Intanto l’evoluzione delle apparecchiature permetteva la semplificazione delle operazioni di inversione: al termine della trasmissione il tecnico inviava un segnale di intervallo seguito da 15 secondi di silenzio prima dell’avvio della trasmissione dalla nuova stazione generante. Durante tale silenzio tutti gli interessati alla manovra agivano per collegarsi con la sede che doveva proseguire le trasmissioni; cosi l’uccellino rimase per alcuni lustri solitario nel silenzio fra due diversi programmi della Radio.

L’usignolo radiofonico si fa più bello

Con l’avvio delle trasmissioni stereofoniche alla RAI il povero uccellino mostrava i segni della sua epoca (i fruscii e ticchettii delle registrazioni precedenti). L’ingegner Musoni decise allora di farne una nuova edizione. La nuova versione venne eseguita, ancora con l’ocarina, sulle stesse note della precedente da un Professore dell’Orchestra Sinfonica di Torino (1).

Pericolo di morte per il piccolo volatile

A un certo punto ad alcuni venne pure in mente di ammutolire l’usignolo. Costruirono un congegno capace di trasmettere un uccellino a frequenze subsoniche. In tal modo solo gli addetti alle trasmissioni avrebbero sentito un gracidio emesso da un rivelatore di infrasuoni, mentre gli ascoltatori al posto del solito canto avrebbero udito… nulla.
Come era prevedibile, dopo un breve periodo di prova, l’esperimento fallì.

L’usignolo canta sempre di meno alla radio

Da quando le trasmissioni radiofoniche della RAI vengono immesse nelle tre reti trasmittenti in modo centralizzato, il segnale di intervallo non è più indispensabile; è sufficiente, al termine del programma, avvertire l’unico addetto alle inversioni a Roma; i soli due Tecnici interessati possono facilmente concordare direttamente fra loro i tempi e i modi per il passaggio della linea. Gli ascoltatori oramai possono sentire l’uccellino della radio solo in casi particolari; con un po’ di nostalgia, dagli affezionati alla Radio da lunga data.

(1) Massimo Rissone è l’ex professore clarinettista dell’orchestra sinfonica della RAI di Torino, che ha inciso il segnale dell’uccellino della radio.
“All’inizio degli anni Ottanta era stato richiesto un nuovo segnale radio più pulito per le nuove trasmissioni stereofoniche. (Per la precisione, i segnali erano due: uno più breve e uno più lungo) Vennero contattati i flautisti dell’orchestra sinfonica della RAI di Torino poiché, dovendolo incidere con l’ocarina, si riteneva fossero i più idonei per questo compito. Essendoci stata una rinuncia generale chiesero anche ad altri musicisti, ed accettai con piacere il compito… Al contrario di quello che si può pensare all’ascolto, (suono acuto) l’ocarina usata è nella tonalità di sol, dal suono basso. La particolarità è che il motivo musicale (che doveva essere tale quale all’originale) è stato inciso alla velocità di una volta e mezzo circa più lento per avere la possibilità di avvicinarsi il più possibile al precedente modello, rispettando non solo le note musicali ma anche l’interpretazione con particolari inflessioni (volute o casuali). Quindi veniva poi accelerato, sempre di una volta e mezzo, per ottenere il segnale attuale. Dopo decine e decine di incisioni, (il lavoro si è dimostrato più impegnativo del previsto) ne sono state scelte tre per segnale e trasmesse con un collegamento in diretta alla direzione generale della RAI di Roma. Dopo il consenso e l’elogio per il lavoro svolto, è stato ufficializzato il nuovo uccellino, con un discorso in cui si sottolineava l’importanza del segnale, quale riconoscimento della radio RAI non solo in Italia ma in tutto il mondo. Dopodiché si è brindato nel piccolo studio di registrazione con tutti i presenti, dai dirigenti ai tecnici ed al sottoscritto per il buon obiettivo raggiunto”.

(articolo a cura di Giuseppe Biolatti, da Museoradiotv.rai.it)

 

Nota della redazione:
Qui è possibile sentire i cinguettii dell’uccellino così come prodotti dal congegno meccanico azionato a molla delle dimensioni di circa 15 x 15 x 10 centimetri. Oggi questo apparecchio è entrato nella storia della radio in Italia ed è esposto alla sede Rai di Firenze.